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20/0/2011 – “Calma e Quiete - Progetti subliminali di Alessandro Mendini, Michele De Lucchi e Angelo Micheli”, così s’intitola la mostra in corso presso Palazzo Fava - Palazzo delle Esposizioni a Bologna.
Allestita al Piano Galleria (II piano), con tre opere di grandi dimensioni esposte al Piano nobile (I piano) nella Sala del Giasone affrescata dai Carracci, l’esposizione è curata da Philippe Daverio.
Architetti e artisti, Alessandro Mendini, Michele De Lucchi e Angelo Micheli presentano opere e disegni insoliti: Mendini sculture in ottone e rame, De Lucchi le “casette” e Micheli i “cipressi”.
Mendini ritrova "negli spazi siderali della sua mente […] la Poltrona di Proust, il Divano Kandissi, le sedie Lassù e Scivolavo, il Monumentino da casa, l’Archetto, il Mobile Metafisico, il Tavolo e la Sedia Spaziale, la Colonna del Mobile Infinito. Sono mondi carichi di me, pieni di vicende note ma pure ancora ignote, segni, enigmi e testimoni di problematiche ancora non risolte."
De Lucchi racconta che "facendo le punte alle matite con il coltellino, rifilando le mine e ritoccando fino all’esasperazione la forma della punta, allungandola e lisciandola, mi sono accorto che mi piaceva dare forma al legno e mi piaceva incidere con la lama la superficie del legno tanto quanto mi piace disegnare con la matita sul foglio di carta." Sono nate così le sue Casette, "piene perché non sono state svuotate; sono state ricavate dalla forma del legno e costruite senza muri e solai, con un procedimento che svela l’atteggiamento mentale di accettare e valorizzare quello che la natura ci mette davanti e quello che i contesti specifici definiscono."
Micheli ricorda: "Era un piccolo pezzo di marmo bianco. I profumi, trasportati dal vento che proveniva dal mare, e l’armonia della terra toscana mi hanno portato a raccoglierlo, muovendo in me la voglia di provare a scalfirlo. Avevo un martello, uno scalpello sbeccato, una lima da falegname e una lima arrugginita con manico in legno per levigare il ferro. Pochi strumenti e solo le mie mani per iniziare a posare la mia voglia di scolpire. Volevo realizzare una testa di cavallo…"
Così osserva Philippe Daverio, curatore della mostra: "L’architettura da sempre vive su piani paralleli, quello della realizzazione dove la norma principale è la statica, quella della psiche dove la norma essenziale è la fantasia. Il progetto non è altro che la mediazione e la meditazione fra questi opposti dialettici.
“Questa piccola mostra è estremamente significativa perché indaga la dimensione più acuta della sperimentazione fantastica, quella dell’elaborazione pura di elementi che, a prima vista, sembrerebbero avulsi da riferimenti possibili nel mondo quotidiano del costruito ma che già contengono leggi eterne dello stare in piedi combinate con libertà del pensiero poetico. Se non si trattasse dell’esercitazione mentale necessaria alla palestra delle idee, gli oggetti presentati potrebbero essere considerati piccole opere d’arte in sé. E difatti lo sono. Ma è nel loro potere genetico verso un’elaborazione successiva e metodicamente ulteriore che sta la loro autentica magia. Ingres e Klee suonavano ambedue il violino, il che consentiva loro una naturale esercitazione negli equilibri lirici del loro dipingere: due lingue diverse per un uguale modo della sensibilità. Mendini, De Lucchi e Micheli suonano sempre il medesimo strumento, la plasticità formale, che è il modo dell’architettura e del design.
Questa è la prima mostra di Palazzo Fava dopo la sua inaugurazione. Ne è pure una naturale conseguenza in quanto riguarda i percorsi creativi dei due progettisti del suo allestimento, De Lucchi e Micheli, assieme a quelli d’uno dei loro predecessori generazionali, quell’esuberante e mitico Alessandro Mendini al quale la nostra attuale visione dell’estetica non deve poco per quanto riguarda la rottura e il superamento degli schemi mentali razionalisti", scrive Daverio.
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