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13/09/2006 - Nello spazio espositivo di Taiwan della Mostra di Internazionale di Architettura di Venezia, si indaga sul tema del contrasto tra le grandi metropoli e i piccoli insediamenti urbani formatisi nell'ultimo secolo.
Una serie di installazioni costituiscono la mostra "Paradise Revisited. Micro Cities & Non-Meta Architecture in Taiwan".
La tumultuosa crescita industriale ha spazzato via le tradizioni e i sistemi sociali su cui si fondavano le società rurali. I villaggi si sono svuotati mentre le città crescevano a dismisura. Ma a che prezzo per l’ambiente?
La piccola comunità autosufficiente - nella quale il ciclo di produzione, consumo e decomposizione è completo - è ormai scomparsa per far posto alle ipercittà in continua espansione.
Le installazioni esposte illustrano il concetto della piccola città autosufficiente, la “micro-città”, con un suo ciclo completo di cibo, energia, rifiuti e informazioni, che può però rispondere ai bisogni dei suoi abitanti e sviluppare un sistema autonomo e sostenibile, in grado di coesistere con qualsiasi meta-città.
Il “giardino di vetro You-Yuan” rappresenta uno spazio di meditazione per la riabilitazione post-urbana.
Tutti gli oggetti sono riciclati per formare un collage temporaneo di flussi materiali, nell’idea che anche la città debba essere un insieme eterogeneo: il giardino è costituito da frammenti di vetro, mentre l’altalena che trova spazio al suo interno è realizzata con legno riciclato.
I corpi di vetro sono straordinari residui casuali della lavorazione industriale – come perle nelle ostriche. I forni per la fabbricazione del vetro sono costantemente caldi per 12 anni, dopodichè vengono raffreddati per la conservazione. A volte accade che durante questi 12 anni il vetro fuso presente nel forno inizi a formare un masso o una roccia, in condizioni di calore e pressione estreme. Il blocco di vetro trasparente è un evento casuale – non creato dall’uomo.
Il dondolo, invece, è presente in quasi tutte le case finlandesi. Lì la famiglia può sedere insieme e schiacciare un pisolino in estate. Il ritmo è lento, dondolante; il corpo umano come parte del movimento circolare è qualcosa che tutti ci portiamo nella nostra memoria genetica. È bello sedere su un’amaca a contemplare la foresta.
Nell’installazione “Timescapes” i sassi simboleggiano gocce d’acqua che schizzano nell’aria e si cristallizzano. L’acqua riflette le case, le barche e le sedie legate col fil di ferro che galleggiano tra le onde, spinte alla deriva nell’oceano del tempo.
La persona seduta all’altra estremità del paesaggio è proiettata sulla sedia e si sposta tra quattro posti diversi. Egli è diventato l’àncora nell’oceano del tempo.
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