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Al via la 61ª edizione del Salone del Mobile.Milano
Al centro di Euroluce l’evoluzione tecnologica e la riflessione filosofica intorno alla luce
Autore: cecilia di marzo
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Alessandro Russotti, courtesy Salone del Mobile.Milano Alessandro Russotti, courtesy Salone del Mobile.Milano
18/04/2023 - Da oggi e per sei giorni, presso Fiera Milano Rho, si svolgerà la 61ª edizione del Salone del Mobile.Milano, che si propone come un momento, un luogo e uno strumento per riflettere sul ruolo e sull’evoluzione del sistema fieristico. Così, il Salone dimostra di essere un laboratorio globale di sperimentazione e contaminazione, luogo di creazione di cultura e generatore di pensiero, spazio inclusivo di incontro e confronto e produttore di valore aggiunto.
 
Il Salone presenta tre importanti novità:
- un unico livello espositivo, con gli espositori dei padiglioni superiori (8-12, 16-20) ricollocati in quelli inferiori per una coerenza di percorsi estetici, narrativi e di target di riferimento, per rendere la visita sempre più efficiente ed efficace e per ampliare le opportunità di incontro e relazione dei singoli marchi;
- un nuovo layout di Euroluce, che si fa tracciato urbano ad anello;
- una componente culturale diffusa negli spazi della biennale della luce, che si articola in contenuti pluridisciplinari, curati da un team di professionisti di generazioni, ambiti e provenienze differenti, che spaziano dall’architettura alla fotografia all’arte, con mostre, talk, installazioni site-specific.
 
Le Manifestazioni del 2023 − Salone Internazionale del Mobile, Salone Internazionale del Complemento d’Arredo, Workplace3.0, S.Project, Euroluce, SaloneSatellite − radunano, complessivamente, oltre 2.000 espositori da 37 Paesi, di cui oltre 550 giovani talenti under 35 da 31 Paesi e 28 scuole di design da 18 nazioni differenti.
 
Le mostre di Euroluce 2023

YOU CAN IMAGINE THE OPPOSITE


You can imagine the opposite, Maurizio Nannucci. Foto Andrea Mariani, courtesy Salone del Mobile.Milano

Maurizio Nannucci consegna frasi emblematiche che si incidono nella memoria fino a diventare “impulsi su cui costruire altre realtà”. Parole che, insieme a luce e colore, sono da sempre al centro della sua ricerca, con azioni finite da tempo nei libri di scuola: da quando – alla metà degli anni Sessanta – ha composto i suoi primi Dattilogrammi con un’agile Lettera 22, battendone i tasti con millimetrica attenzione per ottenere progressioni di lettere ripetute e sovrapposte, tra la migliore poesia concreta e i più elaborati esercizi di composizione grafica. O da quando, con una performance tra evidenza e paradosso, ha iniziato (realmente) a scrivere sull’acqua con le dita, per sfidarci tra invenzione ed enigma; o da quando ha sostituito i numeri di un orologio con le dodici lettere di Quasinfinito, facendoci sognare la possibilità di un tempo dilatato; o da quando ha fatto trascinare da un piccolo aeroplano, in volo sulla laguna veneziana nei giorni della Biennale del 1978, lo striscione Image du ciel, dettando la “didascalia” di quello che gli astanti avrebbero osservato alzando gli occhi al cielo. E, soprattutto, da quando ha scritto pensieri e assiomi, tra forma e significato, attraverso segni luminosi di neon colorati, fermando in quei tubi di vetro opportunamente curvati dichiarazioni che avrebbero avuto la forza di rimanere: Changing place, changing time, changing thoughts, changing future, New times for other ideas, Something happened..., tutti momenti in cui l’opera diventa una frase che lo spettatore è invitato a leggere. Proprio come You can imagine the opposite, potente esortazione che spinge a pensare “l’esatto contrario”, perché esiste sempre un’altra possibilità, come già suggeriva Bruno Munari con il suo mantra “Ma non si può fare in un altro modo?”. E come suggellava lo stesso Maurizio Nannucci con Everything might be different, opera altrettanto assoluta, scritta ancora una volta a lettere maiuscole.

HELENE BINET. Natura, tempo e architettura
Mostra e progetto di allestimento a cura di Massimo Curzi

Photo Helene Binet_Suzhou Gardens_China_2018

L’opera di una delle autrici più significative della fotografia contemporanea, Hélène Binet, mostrata attraverso una selezione originale − che attinge dall’archivio del suo imponente lavoro − sulla relazione tra luce naturale e architettura, tra natura e tempo, e che si presenta come un racconto (per immagini) di opere dei più importanti maestri dell’architettura. L’originale e inconfondibile poetica di una ricerca fotografica condotta da ormai 35 anni, con tecnica analogica e in modo rigoroso, e che dimostra come quest’arte sia capace di evidenziare come poche altre le qualità specifiche dello spazio progettato e costruito. “Uno straordinario lavoro in bianco e nero portato avanti con coerenza e caparbietà sull’eterno rapporto tra luce e ombra in alcune delle più importanti opere d’architettura di sempre” commenta Massimo Curzi mentre Hélène Binet racconta: “Nella selezione delle immagini per questa mostra, siamo partiti dalle mie prime fotografie, come quelle che testimoniano il lavoro di John Hejduk, per arrivare poi alle più recenti dell’architettura storica coreana. L'intento è rimasto immutato: con delicate associazioni, accostamenti di immagini, ombre e silenzi spero di pungolare l’immaginazione di chi guarda e di portarlo da qualche parte non troppo lontano dal primo schizzo dell'architetto”.
L’allestimento è immaginato come un momento di pausa e riflessione durante il percorso sempre sorprendente ed eterogeneo del contesto fieristico. Un doppio corpo architettonico con struttura a telaio in tavole di legno è pensato rivestito esternamente in alluminio sabbiato ed internamente in lastre di feltro blu notte, il tutto a creare un forte contrasto tra l’interno e l’esterno dello spazio espositivo. Il feltro disposto sulle pareti interne metterà in evidenza le opere esposte, creando anche un contesto acustico ovattato e silenzioso alla ricerca di un momento di sospensione temporale rispetto a un esterno frenetico e pulsante. Un pavimento di morbida moquette permetterà di accentuare ancora di più questa qualità spaziale.

Albe. Luci di domani
Mostra a cura di Matteo Pirola
Progetto di allestimento: From outer Space



Marjan van Aubel_Sunne_Credit Nadja Schlenker

La luce non è un oggetto ma un soggetto, naturale o artificiale che sia, ed è un fenomeno atmosferico e ambientale sempre in sorprendente mutamento, tutto da investigare. Dove comincia il buio, che è condizione necessaria per vedere la luce, si accendono lumi, scintille, punti lucenti, che possono diventare progetti che immaginano costellazioni, pianeti, satelliti, corpi celesti e luminosi.

Il cielo delle notti, con gli infiniti astri, e del giorno, con la stella solare, è la tavolozza su cui il design sta sperimentando. Le ricerche e le opere in questa mostra, in equilibrio tra tecnologia e poesia, indicano chiaramente come i soggetti luminosi interpretati rischiarano una via che conduce al domani. E “stelle artificiali” sono, metaforicamente, tutte le lampade nella nostra memoria, e ancora di più quelle che i “designer-astronomi” contemporanei stanno indagando, producendo oggetti che presentano accadimenti luminosi, sfere orbitanti, superfici riflettenti, eclissi abbaglianti, aurore colorate, sfumature celestiali.

“Il progetto della luce nella nostra contemporaneità sensibile si fa portatore di atmosfere e simboli, soggetti sempre accesi in cui un racconto tra tecnologia e poesia tiene insieme i punti estremi di orizzonti luminosi da cui sorgono gli oggetti che illumineranno il domani” racconta Matteo Pirola.

L’allestimento della mostra si configura a partire dalla presenza (o assenza) della luce, e dalla sua capacità di modificare la percezione dello spazio. Una planimetria spezzata disegna un percorso interno, che attraversa ambienti caratterizzati da differenti atmosfere luminose – buio, penombra, luce pura e viceversa – esaltando l’essenza delle opere esposte. Un sistema di telai ritmati è struttura su cui si muovono due rivestimenti che si fronteggiano e svelano a vicenda, dichiarando la sostanza dei materiali utilizzati.

“La struttura, i rivestimenti e la logica compositiva generano un apparato allestitivo capace di instaurare dialoghi differenti con la luce e le sue atmosfere” commenta lo studio From outer Space.

FIAT BULB. La sindrome di Edison
Mostra e progetto di allestimento a cura di Martina Sanzarello


Marcus Tremonto_Pixel Bulb

Una mostra che rende omaggio a un oggetto, la lampadina a incandescenza, dalla forza intrinseca insita nella sua stessa forma, apparentemente semplice, ormai sedimentata e quindi iconica e riconoscibile. Una storia della lampadina contemporanea, tra arte e design, costruita come una sequenza di lampadine che, dal suo primario e pragmatico uso, si trasformano in oggetti spiazzanti e piccole installazioni sperimentali, sorprendenti e paradossali. Una sequenza di opere ordinate seguendo un ritmo incalzante, che attraverso minime e continue alterazioni porta a successive variazioni, declinazioni, inversioni di senso, e via via fino al completo annullamento. “Intima e popolare, unica e seriale, fragile e accecante. La magia della luce inscritta in un oggetto chiamato lampadina, diventato feticcio, icona, idolo” racconta Martina Sanzarello.

L'allestimento, concepito in forma ciclica e costruito con materiali algidi e industriali, distante da ogni consuetudine domestica, pone al centro del suo essere l’idea di “serialità” del suo soggetto, la sua apparente ripetizione come forma in unione con la sua unicità come opera. Uno spazio tecnico, di trasformazione, elaborazione e manipolazione, dal sapore estremamente meccanico per le sue fattezze e incredibilmente magico per i suoi contenuti. Un nastro trasportatore circolare che per l’intero sviluppo dello spazio fa da espositore alle opere posizionate all’interno di scatole e imballi, così da richiamare l’attenzione del visitatore a uno sguardo attento e curioso all’interno di ogni contenitore. “Un allestimento tecnico e un percorso ciclico, come la vita della lampadina, che vuole ammaliare il visitatore in ogni istante, dalla sua accensione al suo buio. Un allestimento che attira gli sguardi per superare una pelle esterna seriale e scoprire un interno unico e speciale” conclude Martina Sanzarello.

INTERNO NOTTE. Artifici luminosi
Mostra a cura di Michele Calzavara
Progetto di allestimento: Berfu Bengisu Gören



Carlo Mollino_Teatro Regio Torino_ph Edoardo Piva

Una mostra d’immagini di architettura degli interni dove protagonista è la luce artificiale. Un percorso popolato di figure, accenti, bagliori, ritmi, punti, vettori e talvolta “capricci” di luce in cui riconoscere una lampada o una fonte luminosa, che, con un gesto creativo, abita e trasforma lo spazio in modo speciale.

Un’esposizione non storica né cronologica, né tantomeno costruita su criteri illuminotecnici – tra la luce come fattore di servizio e la luce come veicolo d’informazione e di senso, si pone l’accento su questo secondo aspetto –, ma ordinata per chiavi di lettura che invitano a guardare famiglie di soluzioni progettuali, dettagli particolari, invenzioni vere e proprie come insiemi di grandi e piccoli casi esemplari.

Una selezione di decine di fotografie che, accompagnate da puntuali commenti, mettono in scena artifici di luce che spaziano da piccoli “innesti” a veri e propri atti inventivi a piena scala architettonica, tra grandi maestri e più giovani progettisti, tra icone storiche radicate nella memoria e immagini forse più trascurate o dimenticate, con l’idea di raccontare un piccolo inventario, non esaustivo, di poetiche, linguaggi e attitudini luminose.

La caratteristica di una mostra di architettura è che questa non può mostrarsi in sé. È costretta a trovare dei sostituti e, parlando di luce, la fotografia è uno dei più adatti. Tuttavia, Interno Notte non è una mostra di fotografia in senso stretto, ma un piccolo viaggio nelle immagini che hanno punteggiato il progetto moderno e contemporaneo con interni dove le intuizioni luminose sorprendono, ci danno piacere e possono ancora oggi nutrirci di idee” commenta Michele Calzavara.

Il progetto di allestimento è caratterizzato da scelte materiche insolite, con particolare attenzione alle loro proprietà cromatiche e luminose, e da una composizione architettonica che deve gestire la compresenza di due funzioni parallele: lo spazio espositivo vero e proprio, e uno spazio dedicato a workshop e incontri professionali. Questa dualità si risolve in due percorsi convergenti ed è interpretata con una planimetria dal forte carattere geometrico, con volumi che dichiarano tra le parti reciproca relazione e autonomia allo stesso tempo.
Il percorso della mostra è pensato per creare un’esperienza progressiva dello spazio e far vivere il racconto in un continuum stratificato. Le fotografie esposte, con formati e su supporti differenti, sono raggruppate in diversi cluster visivi che si sviluppano su un orizzonte comune come filo del racconto curatoriale. Come delle specie di istruzioni intangibili, queste composizioni visive mettono in evidenza le relazioni tra i diversi casi studio che compongono le categorie del racconto, visualizzate con differenti modalità espositive: tra lunghe sequenze a parete, piani orizzontali e superfici luminose, si dà forma a un percorso dal ritmo elastico e con differenti densità di fruizione.

Il finale del percorso è un punto di incontro con lo spazio workshop, previsto come un luogo dal carattere aperto, polivalente e anche intimo, dove sarà possibile fare approfondimenti ulteriori sul tema della luce artificiale con professionisti del settore.

Pensare a un allestimento, in un certo senso, è come progettare un apparecchio di illuminazione: il suo scopo principale è “fare luce”, quindi rendere concreta la sua essenza intangibile. Che si può anche distribuire, sfaccettare, filtrare, trasmettere e trasformare allo stesso tempo. La luce, in questo caso, è anche il soggetto della mostra. Una luce per immagini la cui rappresentazione richiede di volta in volta accorgimenti diversi per essere evocata”, racconta Berfu Bengisu Gören.

Costellazioni
Mostra a cura di Beppe Finessi
Progetto di allestimento: Formafantasma



Costellazioni, progetto di allestimento di Formafantasma

Una mostra multidisciplinare, diffusa lungo il percorso distributivo dei quattro padiglioni di Euroluce, costituita da sette spazi espositivi “aperti” e permeabili alla vista, resi unitari da un unico e riconoscibile linguaggio architettonico. Una mostra d’arte contemporanea, soprattutto, con opere di alcuni maestri come Aldo Mondino, François Morellet e Keith Sonnier, di consolidati protagonisti della scena internazionale come Monica Bonvicini, Andrea Bowers, Mark Handforth e Sislej Xhafa, con le ricerche di autori liberi e trasversali come Corrado Levi e Nanda Vigo, e quelle di sperimentatori difficilmente classificabili come Mathieu Mercier, Duccio Maria Gambi e Valentin Ruhry; ma anche una mostra con la presenza realmente eccezionale di una sequenza di immagini di uno degli autori più originali e internazionalmente apprezzati della fotografia contemporanea, Guido Guidi; e ancora, un’esposizione con due omaggi, intensi ed emozionanti, a due autori di riferimento dell’architettura italiana, Gae Aulenti e Umberto Riva, che hanno dedicato una parte della loro riflessione progettuale alla tipologia della “lampada”, maestri che verranno raccontati attraverso una moltitudine di disegni originali, e con alcuni dei loro oggetti ormai entrati nella storia del design. Costellazioni è strutturata su sette “intermezzi” espositivi che accoglieranno opere e contenuti sempre dedicati al tema della “luce”, ogni volta accompagnati da commenti scritti da autori differenti, scelti tra le voci più autorevoli della critica contemporanea. “Costellazioni rappresenta in modo emblematico il concetto generale su cui è impostato il progetto di ‘Euroluce 2023. The city of lights’: policentrico, pluridiscipliare e plurale. Costellazioni è una mostra diffusa, con opere di autori del mondo dell’arte contemporanea, dell’architettura, del design e della fotografia, ed è sostenuta scientificamente da contributi critici originali, scritti da autori differenti, esperti che hanno rivolto il loro sguardo sensibile e attento al lavoro di questi originali artisti e progettisti” racconta Beppe Finessi.

Allestimento - In risposta all’esigenza di creare spazi espositivi per opere d’arte e di design curati da Beppe Finessi, Formafantasma ha sviluppato un sistema espositivo modulare realizzato in legno. Le strutture, per quanto diverse nella loro configurazione, derivano tutte dalla ripetizione di un modulo-telaio. L’intento qui è quello di lavorare con un sistema espositivo leggero, riutilizzabile e riciclabile. I materiali possono essere facilmente disassemblati grazie a raccordi ben visibili. Il design di “Costellazioni” si propone di offrire spazi adeguati per le opere esposte, ma anche di creare spazio per i visitatori, affinché possano fermarsi e riposarsi accomodandosi sulle sedute integrate nelle strutture stesse. “Il nostro obiettivo, quando progettiamo spazi espositivi, è quello di fornire soluzioni semplici ed efficaci che rispettino sia i contenuti che l’osservatore, aggiungendo il meno possibile a quanto eloquentemente espresso dalle opere stesse. Concepito come un’oasi di legno e carta, ci auguriamo che “Costellazioni” possa fungere da luogo di riflessione.” commentano Andrea Trimarchi e Simone Farresin (Formafantasma).


  Scheda evento:
Fiera:
18-23/04 MILANO
Salone del Mobile. Milano 2023


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