24/01/2011 – Ha pensato a “un edificio nell’edificio” il team composto da KK Architetti Associati (La Spezia), RPA srl (capogruppo) e Pro-e Srl, vincitore del concorso internazionale di progettazione per il nuovo headquarters della società privata “La Castelnuovese”, a San Giovanni Valdarno (AR).
Il complesso per uffici verrà realizzato dalla trasformazione dell’ex brichettificio aziendale, all’interno del quale sono ancora presenti diversi macchinari per la lavorazione industriale della lignite. Sostenibilità ambientale, risparmio energetico, qualità del progetto, integrazione dell'intervento nel contesto paesaggistico e definizione di soluzioni innovative nella composizione spaziale degli ambienti, utilizzo di materiali provenienti dal riuso e dal riciclo sono stati i principali requisiti progettuali richiesti dalla committenza agli studi in gara.
All team vincitore del concorso, che si occuperà della progettazione preliminare della nuova struttura, va un premio di 30mila euro.
”Il manufatto si presenta come un insieme di corpi di dimensioni ed altezze diverse aggregati tra loro, a volte anche con scarsa funzionalità e razionalità, figlio di un mondo che si limitava a ragionare sulle necessità del momento e sul sopraggiungere di nuove esigenze, legate necessariamente al processo produttivo, senza la pianificazione di interventi unitari.
Questa aggregazione “spontanea”, frutto di stratificazioni successive, spesso visibili anche per i materiali impiegati per la realizzazione delle murature, determina nell’ottica di una rifunzionalizzazione poca flessibilità e disunitarietà. Ovviamente le attuali strutture risultano palesemente insufficienti per le esigenze prestazionali richieste dalle necessità contemporanee in termini strutturali ed energetici, oltre essere sprovviste totalmente di qualsiasi impianto - si legge nella relazione di progetto.
L’abbondante presenza di macchinari che servivano alla lavorazione della lignite, molti dei quali in pessime condizioni di conservazione, determinano una forte rigidità funzionale che induce chiaramente a “svuotare” l’edificio selezionando gli “elementi archeologi” che potranno, a seguito di un restauro, essere esposti sull’antistante spazio pubblico dando vita ad una sorta di promenade espositiva con funzione di ingresso pedonale al nuovo headquarters.
Tutto ciò ha suggerito l’idea di mantenere le murature perimetrali del complesso esistente, svestendole di quanto contengono, per inserirvi un nuovo edificio, con una nuova pelle e quindi una nuova immagine che fonde la storia con il futuro; si potrebbe fare l’analogia con le scatole cinesi, accostando il tema di progetto ad una scatola inserita in una scatola più grande.
Questo approccio che ribalta l’idea di dover intervenire costruendo necessariamente accostandosi all’edificio storico o inglobandolo, scambia i ruoli dei fattori in campo; ciò che stava dentro ora sta fuori e viceversa, in un scambievole dialogo di significati che originano nuove relazioni interno‐esterno. In questo modo l’edificio appare “dilatato” nello spazio pubblico rendendo evidente la storia e il valore del luogo.
L’idea architettonica del nuovo involucro origina dalla storia stessa del bricchettificio, cristallizzando l’aspetto naturale della lignite costituito da parti opache, lucide (vetrate scure), ruvide e rigate sintetizzandolo in un’immagine “monomaterica””.
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