11/09/2015 - Nascosto nei meandri del centro storico di Galatina, un edificio di pregio del 1723, dopo un periodo di abbandono durato 50 anni è oggi un contenitore moderno e inaspettato, grazie all'inventiva di Christian Pizzinini e Antonio Lodovico Scolari, appassionati di storia e di design.
I due proprietari hanno seguito personalmente i lavori e curato gli interni di Palazzo Mongiò dell'Elefante della Torre in ogni dettaglio.
Con una breve intervista Antonio e Christian ci hanno raccontato la loro esperienza 'irripetibile, creativa e stimolante' in Puglia.
Palazzo Mongiò: un edificio di pregio del 1723, nascosto nei meandri del centro storico di Galatina. Come nasce l’idea di trasformare un palazzo storico pugliese in dimora privata, guesthouse e, persino, galleria d’arte?
Antonio: L’idea l’ha generata l’edificio stesso con le sue caratteristiche. Si prestava benissimo ad essere vissuto nelle sue due anime: il piano nobile destinato all’accoglienza e all’esposizione e ad una sorta di guesthouse, mentre il secondo piano adibito a dimora contemporanea. Così è nato un contenitore moderno e inaspettato.
Christian: Avevamo già realizzato due case a Nardò e cercavamo qualcosa di più grande: è stato il palazzo a trovare noi. Quando lo abbiamo visto abbiamo subito realizzato le potenzialità che aveva e che molti non avevano capito, essendo abbandonato da 50 anni.
Galatina ci è piaciuta perché poco turistica e con un centro storico integro e affascinante.
Il vicolo in cui è ubicato il palazzo è tra i più belli di Galatina, con la sua successione di palazzi e facciate autentiche del 1700.
Poi è nata una sfida: avendo già tre case in tre siti unesco quali Brescia, Parigi e Alta badia, ci siamo detti ‘chissà che non arrivi la quarta dato che Galatina aveva le chances per ottenere il medesimo riconoscimento grazie alla Basilica di Santa Caterina da Alessandria, da anni in lizza per questo traguardo’.
I lavori sono durati 7 mesi, un tempo record, ma abbiamo avuto la fortuna di trovare maestranze valide, che, unite alla nostra presenza una settimana al mese, ha generato il giusto connubio per un buon risultato.
Antonio: Il palazzo era perfetto, non abbiamo toccato una parete, tutto è rimasto com’era, abbiamo solo lavorato per sottrazione, rispettando la sua essenza e cercando il più possibile di mantenere la sua patina: dai muri scrostati, ai vecchi pavimenti, alle vecchie porte usurate dal tempo.
Chi acquista un palazzo antico o chi lo ristruttura, deve avere anche la sensibilità di accettarlo e rispettare il valore aggiunto di un sapore unico che gli anni hanno conferito, cancellarli è come annullarlo.
Come avete condotto la ricerca sui diversi punti luce sistemati negli ambienti, si tratta di pezzi di recupero? Ci raccontate qualche aneddoto legato ad uno o più oggetti d’arredo?
Antonio: Sono tutti pezzi trovati e selezionati negli anni, molti scelti proprio perché la loro collocazione ci sembrava perfetta per il posto che, di volta in volta, abbiamo scelto.
Le lampade provenienti da un cinema degli anni ‘40 ci piacevano, oltre che per la loro estetica e bellezza, perché avevano una storia, un passato, dei valori intrinsechi che rievocano una vita precedente che l’oggetto porta e mantiene con sè, per sempre.
La lampada di Sottsass perché Christian lo ha conosciuto e perché entrambi hanno origini dalla stessa valle in alto adige.
Christian: L’applique di arredo luce by Gio Ponti ci rappresenta per la determinazione e volontà nel portare a termine progetti e percorsi. Grazie al nostro lavoro di ufficio stampa che ci ha portato a vederla, l’abbiamo scovata per caso e abbiamo portato avanti una trattativa lunga e faticosa per averla. Contro molti, che ci dicevano di lasciare che le cose andassero secondo il destino. Ma il destino te lo crei tu e in questo caso siamo due volte orgogliosi, di noi e del risultato.
Quest’anno Antonio ha anche realizzato un’installazione luminosa con materiali di recupero come i vecchi infissi di una scuola di Mantova che è stata molto apprezzata. Ma anche SUD altra installazione al neon e una lampada in marmo di carrara in collaborazione con una ditta di Galatina che sta pensando a metterla in produzione.
Cosa ha da raccontare oggi il design-vintage anni ’50 secondo voi, da Giò Ponti a Caccia Dominioni a Sottsass?
Christian: L’eleganza delle forme, la qualità eccellente delle lavorazioni, la concezione di pezzi e oggetti pensati per essere destinati a durare, la sperimentazione, la trasversalità, l’innovazione per quel periodo, sono tutti elementi che, dagli anni ’50, hanno poi segnato il percorso del design di oggi.
Quali sono state le collaborazioni con designer, gallerie d’arte o artisti? Ce ne raccontate qualcuna che vi sta particolarmente a cuore?
Antonio: Sicuramente la più importante collaborazione è quella con la galleria Francesca Minini di Milano che quest’anno ci ha permesso di realizzare la mostra ‘Luce 01’:
8 artisti di calibro e un successo mediatico senza precedenti in Puglia, che ha già aperto la strada a progetti ancora più forti e importanti per il futuro.
Christian: E poi Giovanni Lamorgese, già autore di Iride opera site-specific che abbiamo nell’androne del palazzo, che ha avuto l’idea di Luce nel 2014 da dove tutto è iniziato per gioco e per caso diventando poi un catalizzatore di attenzione e interesse intorno a noi e a Palazzo Mongiò.
Se doveste definire Palazzo Mongiò con sole tre parole, quali scegliereste?
Irripetibile, creativo, stimolante.
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