21/10/2015 - Un percorso inedito nel mondo della ceramica, che ha avuto inizio 10 anni fa con una “interruzione”, che ha fatto della sperimentazione quasi un’ossessione, che ha scommesso su due temi fondamentali, persone e design, facendo della ceramica un progetto d’autore. È la storia di Mutina, che quest’anno festeggia i suoi 10 anni.
L’esperienza di Mutina nel mondo della produzione ceramica è in realtà trentennale. Ciò che è successo 10 anni fa è stato un cambio di rotta. Un vento di cambiamento l’ha portata a scegliere una strada diversa. Quella del progetto d’autore, della produzione sartoriale che unisce tecnologia e fatto a mano, della sperimentazione come sfida ad andare oltre i limiti della materia. Da allora per Mutina la ceramica non è più semplice rivestimento, ma è diventata essa stessa progetto d’interior design.
Di qui l’espressione Everything begins with an interruption, che Mutina ha scelto come titolo del cortometraggio realizzato dal regista spagnolo Albert Moya per celebrare l’importante anniversario.
“Mi piaceva l’idea di usare una citazione così importante – spiega il regista – per lavorare sul concept del film. La sede dell’azienda ha molta personalità e sapevamo fin dall’inizio che avrebbe influenzato l’intera estetica del film, con quel feeling elegante ma industriale dei primi anni ’70. La chiave per vedere l’architettura del luogo coesistere con il resto degli elementi del film, è stata la scelta del bianco e nero”.
Non solo design, ma anche e soprattutto persone, “quelle che ti piacciono”. La filosofia di Mutina è You can only work with people you like, imprescindibile per la nascita di qualcosa di nuovo. È seguendo questa tacita regola che negli ultimi 10 anni Mutina ha creato un team affiatato, una grande famiglia, che lavora condividendo le stesse passioni: l’arte, il design, l’architettura e una particolare visione della vita. Patricia Urquiola, Edward Barber e Jay Osgerby, Rodolfo Dordoni, Ronan e Erwan Bouroullec, Tokujin Yoshioka, Yael Mer e Shay Alkalay di Raw Edges, Inga Sempè, Konstantin Grcic sono il cuore del team.
“I designer che sono qui stasera – racconta il presidente Massimo Orsini in occasione dei festeggiamenti in sede Mutina durante il Cersaie – raccontano la nostra storia meglio di chiunque altro. Cercavamo persone che facessero ricerca, ed era difficile capire quale potesse essere il designer migliore per noi. Alla fine le persone che abbiamo scelto, e che hanno scelto noi, hanno creato un gruppo che si diverte davvero tanto. Come dice Patricia, è un lavoro a quattro mani, profondo”.
E abbiamo chiesto anche a Patricia Urquiola, una delle pioniere del team Mutina, di raccontarci qualche aneddoto significativo della storia che Mutina ha riscritto nell’ultimo decennio. Oltre ad aver disegnato dal 2008 numerose collezioni (Déchirer, Bas-Relief, Azulej e Tierras), da qualche anno Patricia affianca Mutina come art director. Termine che lei non ama particolarmente. Preferisce definirsi piuttosto “parte di un comitato”, una persona “intima”, sia interna che esterna.
Patricia racconta di essere stata affascinata da un’azienda che in tempi difficili non guardava gli ostacoli, ma si impegnava piuttosto a trovare un percorso di condivisione e crescita.
Affascinata da un team affiatato, che lavora divertendosi: “Tre anni fa abbiamo iniziato a cenare tutti insieme all'interno del magazzino ed è iniziata una specie di mutazione. C’era un grande cartello su cui c’era scritto “lavoriamo solo con le persone che ci piacciono”. Tutti i ragazzi del team, molto giovani, viaggiavano insieme. Tutti loro hanno vissuto la crescita dell'azienda in modo molto trasversale, e questo mi ha affascinata molto”.
Affascinata, ancora, da un team che da subito ha condiviso con lei l’idea di usare la tecnologia per trovare le vere radici della ceramica piuttosto che riprodurre un falso imitando altri materiali: “Se non trovi un'azienda che amplifica le tue fantasie, non si crea empatia”.
Fantasie che non hanno riguardato solo il prodotto, ma anche nuovi ed ambiziosi progetti. Tra questi, quello che Patricia definisce “un sogno divenuto realtà”, ovvero la trasformazione dello storico edificio industriale progettato da Angelo Mangiarotti, magazzino e sede di Mutina, in showroom e luogo di accoglienza.
“L'anno scorso – continua Patricia – Massimo ha deciso di svuotare il magazzino, e il nostro sogno è diventato realtà. Il magazzino è stato spostato e lo spazio Mangiarotti ha iniziato a respirare. È diventato il nostro showroom. Tutta la fabbrica adesso è un luogo di accoglienza in tante maniere. Per i 10 anni abbiamo creato un nuovo percorso che fa respirare il luogo, ed è un respiro temporale e fisico”.
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