16/05/2017 - In occasione della Biennale d’arte di Venezia 2017, si conclude il percorso della prima edizione di THIS IS NOT A PRIZE, iniziato nel 2016 alla fiera d’arte contemporanea di Torino, Artissima, e vinto dal giovane artista Giorgio Andreotta Calò.
Andreotta Calò è stato in seguito selezionato dalla curatrice Cecilia Alemani per essere uno dei tre artisti italiani protagonisti del Padiglione Italia e Mutina, come previsto dal concept di THIS IS NOT A PRIZE, ha scelto di supportarlo nella produzione della sua spettacolare installazione sitespecific: “Senza Titolo (La fine del mondo)”.
Giorgio è tra gli artisti italiani più riconosciuti della sua generazione. Il suo lavoro è incentrato su materiali primordiali – come pietra, bronzo e acqua – in grado di evocare il passaggio del tempo e rappresentare con efficacia i segni del nostro divenire, fisico e mentale. Per mezzo di gesti semplici o di spettacolari percorsi, l’artista costruisce immagini poetiche metaforiche di condizioni esistenziali: essere sospesi, rispecchiarsi e andare oltre grazie al potere dell’immaginazione.
THIS IS NOT A PRIZE è un nuovo format mirato al sostegno di giovani talenti attraverso modalità flessibili e innovative. Il riconoscimento offerto da Mutina riformula il concetto di premio, per sostenere le esigenze dell’artista vincitore attraverso il supporto di un suo progetto futur una mostra, una pubblicazione o la produzione di una nuova opera.
Inserito all’interno del programma Mutina for Art, THIS IS NOT A PRIZE testimonia l’impegno dell’azienda nel creare opportunità di collaborazione diversificate per artisti e gallerie, al fine di stabilire un nuovo dialogo tra chi produce e chi crea cultura. Il percorso con Andreotta Calò è quindi il primo di un appuntamento annuale che vedrà Mutina collaborare ogni anno con musei, fiere, biennali e diverse istituzioni artistiche internazionali.
“Senza Titolo (La fine del mondo)” by Giorgio Andreotta Calò
Il progetto di Andreotta Calò per il Padiglione Italia, Senza titolo (La fine del mondo), consiste in una grande installazione che divide il monumentale spazio dell’ambiente architettonico in due livelli, creando due mondi separati, complementari e opposti. Il visitatore accede all’opera dal livello inferiore, costituito da una foresta di tubi da ponteggio che sorregge una piattaforma di legno e che ricorda l’architettura di una chiesa a cinque navate; ad alcuni pali sono aggrappate una serie di sculture in bronzo bianco raffiguranti grandi conchiglie (Pinna nobilis), che evocano un mondo marino, oscuro e profondo.
Alla fine dello spazio inferiore una scalinata conduce i visitatori al livello superiore, dove una vastissima distesa d’acqua si estende in corrispondenza di tutto lo spazio sotto cui si è appena passati. Il soffitto del padiglione si riflette e si ribalta nell’acqua, generando una visione vertiginosa e straniante, di cui lo spettatore entra a far parte riflettendosi a sua volta in un grande specchio posto all’estremità dello spazio. La superficie d’acqua amplifica illusoriamente le dimensioni e i volumi del padiglione, ribaltandone l’architettura e generando un effetto simile a quello di un miraggi un’immagine che è al contempo cristallina, vivida e volatile.
Lo sdoppiamento dello spazio riflesso nonché la configurazione dell’installazione in due livelli suggeriscono una riflessione sulla simbologia del doppio, che è un tema ricorrente in altre opere dell’artista, ma questi concetti si riallacciano anche ad alcune atmosfere esplorate da Ernesto de Martino in La fine del mondo, libro nel quale Andreotta Calò ha ritrovato molte corrispondenze con il proprio lavoro.
In La fine del mondo l’antropologo descrive l’antico mito romano del mundus Cereris, secondo il quale nei pressi di Roma si trovava una fossa che fungeva da soglia tra due mondi, quello inferiore connesso agli inferi e quello superiore connesso alla realtà terrena e alla volta celeste. Tre volte l’anno, in un rito cerimoniale chiamato mundus patet, la fossa si apriva e si mettevano in comunicazione il mondo dei vivi e quello dei morti.
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